Oggi ho un obiettivo importante: raggiungere diecimila metri di dislivello in sella alla mia MTB. Diecimila metri di dislivello sono più di un Everesting: impossibili da realizzare in un giorno solo per me (e per il 99% dei bikers “umani”, e-bikers compresi). Il vero obiettivo quindi è di totalizzarli in discesa e per le risalite utilizzare impianti a fune: cabinovie, seggiovie, funivie. Lo scenario è la Val di Fassa, dove alloggio per qualche giorno, il mezzo la mia Bronson Santa Cruz, compagna di avventure da un annetto a questa parte.

Utilizzerò l’abbonamento giornaliero Sellaronda Bike Summer; un giro completo del Sellaronda si attesta sui 4.000/4.500metri di dislivello, nelle quattro valli alle pendici dei passi Dolomitici del Sella, Gardena, Campolongo e Pordoi. Per realizzare il mio obiettivo servono almeno due giri completi e dovrò aggiungere qualche altra discesa.

Inevitabilmente devo sfruttare tutto l’orario di apertura degli impianti che va, per i principali, dalle 8:30 alle 17:30; non potrò fare troppe soste per fotografie e per mangiare e quindi anche per questo dovrò sfruttare il momento della risalita.

Arrivo a Campitello di Fassa alle 8:10. Lo zaino contiene un po’ di abbigliamento per affrontare eventuali condizioni meteo avverse, i panini pronti già dalla sera prima, attrezzi vari per riparazioni al volo e le protezioni per ginocchia e gomiti. Sfodero 62,00 € per l’abbonamento ed aspetto la prima corsa, assieme ad un paio di altri bikers e a qualche escursionista diretto verso lo splendido massiccio del Sassolungo. Puntuali come in Svizzera partiamo e sfrutto il veloce tratto di funivia, che mi spara già a mille metri di dislivello in pochi minuti, per indossare le protezioni.

Lo Spettacolo della Val di Fassa in MTB

La giornata al momento è soleggiata. Arrivato a Col Rodella mi guardo un attimo attorno per ammirare lo splendido scenario del Sassolungo di fronte a me, del massiccio del Sella alla mia destra e del Belvedere di Canazei, con la Marmolada sullo sfondo, alle mie spalle. Non ho tempo per indugiare e parto subito per la prima discesa: un breve e veloce pistino, “Icarus”, flow e senza insidie; appena finito imbocco un divertente single track scavato nella terra ed arrivo in pochi minuti alla Città dei Sassi, qui devo pedalare per cinque minuti e poi mi aspetta la lunga discesa fino a Selva di Val Gardena.

Sono al Sassolungo Bike Park e percorro due divertentissimi trails: il primo filante, flow; il secondo si chiama ”Jumpline” ed il nome è tutto un programma: continui salti (che si possono copiare), compressioni, curve veloci e spondate, tutto guidato, adatto ad esperti ma percorribile anche da bikers di livello medio, come me. Arrivo a Plan de Gralba tutto d’un fiato e, anche se la voglia di salire in cabinovia per farlo di nuovo è alta, proseguo nel mio programma di arrivare a Selva: infilo un nuovo, corto sentiero, per poi proseguire su una pista da sci che mi porta velocemente a valle.

Arrivato a Selva di Val Gardena prendo una breve seggiovia che mi porta alla partenza della cabinovia Dantercepies; sorvolo senza la minima fatica la tremenda salita che dà inizio alla Sellaronda Hero. Arrivo a monte del Passo Gardena e sono a quasi duemila metri di dislivello; scendo velocemente dalla cabina e via in discesa verso Corvara. Per il primo tratto, fino al Passo, percorro un pistino riservato alle MTB, il “Giara”, con il 10% di pendenza media, poi oltrepasso la strada Statale ed imbocco il percorso della Sellaronda Hero che mi porterà a valle: si tratta di un facile sentiero, comunque divertente, dove l’unica reale difficoltà è quella di essere pronti a frenare in caso si incontri una mucca al pascolo, dietro ad una curva, pedoni non ce ne sono, perché per loro qui c’è divieto di transito.

Arrivo così abbastanza velocemente a Corvara, attraverso lo splendido paese della Val Badia e mi dirigo verso la cabinovia Col Alto: è abbastanza rapida e poco dopo sono di nuovo in sella; veloce e corta discesa e prima sorpresa della giornata: la seggiovia Braia Fraida, che mi doveva portare su all’altopiano del Pralongià, è chiusa e la deviazione mi costringe ad un duro tratto di salita, non previsto; sbuffando come un bue arrivo ad una carraia che, senza particolare divertimento, mi riporta alla strada asfaltata che da Corvara sale al Passo Campolongo, teatro della prima salita della Maratona delle Dolomiti.

Qui le indicazioni lasciano a desiderare e così arrivo ad una seggiovia non abilitata al trasporto bici; l’addetto mi spiega che devo risalire ancora un po’ lungo l’asfalto per ritrovare il percorso del Sellaronda arancione (senso orario) e così riesco ad arrivare alla seggiovia giusta, carico la MTB, mi siedo sul seggiolino successivo e torno a salire.

Sceso dalla seggiovia trovo ancora un duro tratto in salita, supero una coppia di escursionisti a piedi e sento il ragazzo che sussurra alla compagna: “guarda, quello ha una bici vera!”. Finalmente ritorno sul percorso originale: veloce discesa su sentiero riservato alle MTB, con diverse e divertenti passerelle in legno, supero la baita Bucaneve e mi infilo nel bosco, attento a non seguire le indicazioni per Corvara ma quelle per Passo Campolongo. In questo tratto c’è ancora da pedalare ma il sentiero è molto bello, ben disegnato appositamente per le MTB, abbastanza ampio, con tratti su passerelle in legno.

Su e giù per le montagne della Val di Fassa e non solo

Arrivato in prossimità del Passo, altra seggiovia e su fino a Bec de Roces, dove inizia il sentiero più tecnico percorso fino a questo momento. Sono passate un paio d’ore dalla partenza da Campitello ed il dislivello già si avvicina a 3.000 metri. Lungo la discesa per Arabba supero un gruppetto di bikers e sento che uno di loro, almeno credo, mi si mette a ruota: non molla un metro e proseguiamo insieme lungo il sentiero che intervalla tratti veloci e tecnici. Arriviamo in un baleno Arabba e, ormai su asfalto, il biker mi si avvicina e ci scambiamo un saluto.

Scopro che, al contrario di quanto credevo in un primo momento, pure lui è solo e quindi proseguiamo insieme verso la cabinovia di Porta Vescovo e con questa saliamo oltrepassando la micidiale Ornella. Ci presentiamo: si chiama Denis ed è tedesco, ha una bella bici da enduro, però anche lui come tanti altri che incontro, ha la pedalata assistita, con un bel telaio ciccione che nasconde la batteria. Con il mio inglese maccheronico gli chiedo se ha tempo di deviare dal percorso che aveva programmato e seguirmi per tornare ad Arabba, su un pistino bellissimo ma poco frequentato, perché fuori dal percorso del Sellaronda.

Accetta il mio invito e mi segue come un’ombra, staccandosi solo in un breve tratto abbastanza tecnico di rock garden che lo coglie impreparato, lo aspetto e ripartiamo velocissimi verso Arabba, tra salti, curve e ripidoni. Arrivati di nuovo alla funivia, la mia ruota posteriore si affloscia: copertone tagliato vicino al cerchio e i tentativi di sistemarlo con il gonfia-ripara sono inutili. Ed è così che, di nuovo a Porta Vescovo, devo salutare il mio nuovo amico e fermarmi per sistemare la ruota.

Non sto a farvela lunga con i dettagli ma la riparazione mi porta via un’oretta buona: la valvola non si svita e devo trovare un paio di pinze per tagliarla, la camera d’aria appena montata scoppia poco dopo e devo trovarne una più adatta ai percorsi accidentati di oggi; oltretutto scopro un serio problema al cambio: la guaina si è rotta ed il cavo non riesce più a portare in tensione il deragliatore, conseguenza: ho solo i rapporti più duri e devo rivedere i miei programmi di fare due volte il giro del Sellaronda, visto che nella zona del Pralongià c’è parecchio da pedalare, anche in salita..

A questo punto, arrivato al Passo Pordoi con la cabinovia, decido di tornare ad Arabba, percorrendo l’inedito “The Col”, divertente e tortuoso sentierino. Arrivato alla partenza della cabinovia proseguo percorrendo la parte finale della pista da sci e ad Arabba risalgo sul versante opposto con la seggiovia fino al Monte Burz per affrontare l’omonimo sentiero, anche questo per me inedito.

Scendo tutto d’un fiato, visto che qui non ci sono tratti di salita che con il cambio a mezzo servizio mi costringerebbero a spingere. Sono di nuovo ad Arabba e, per la terza volta oggi, salgo sulla cabinovia di Porta Vescovo. E il dislivello aumenta: sia quello positivo, ma anche quello negativo, che oggi è quello che conta.

Le difficoltà aumentano e il tempo non aiuta…

Scendo sulla ripidissima strada di Porta Vescovo e rientro sul percorso del Sellaronda, percorrendo anche uno scassato tratto di single-track; di nuovo la cabinovia e di nuovo a Passo Pordoi. Piove. Incredibile: tutte le volte che arrivo al Passo Pordoi in bici, piove.

Non mi perdo d’animo: non ne ho il tempo; indosso il k-way che sono ancora sulla cabinovia, scendo, monto in sella e mi avvio verso l’“Infinity”: lunghissimo sentiero che porta fino a Canazei. Non è particolarmente difficile ma i tratti su pietra ed ancor più quelli con le radici mi spingono alla prudenza: con la pioggia sono molto scivolosi e, nonostante le protezioni, vorrei evitare rovinose cadute.

Mi fermo al Lupo Bianco e da lì risalgo in cabinovia verso il Belvedere, poi di nuovo in discesa e di nuovo una cabinovia, sul versante opposto, verso Passo Sella.

Il dislivello continua ad aumentare: 6.000, 7.000, 8.000, smetto di guardarlo. Scendo lungo un altro trail inedito e mi trovo ad affrontare un gregge di 4/500 pecore che bloccano il sentiero, urlo per allontanarle e pian piano riesco a superarle. Vedo poi le indicazioni per un sentiero che entra nel bosco, lo seguo; purtroppo la prima parte del sentiero è in salita e sono obbligato a scendere di sella e spingere, dopo dieci minuti inizia la discesa, ma è costellata di radici: faccio un paio di lunghi, finisco due volte a terra, senza conseguenze, questo sentiero con la pioggia è infattibile e appena posso lo abbandono per una forestale in discesa più adatta alle condizioni attuali.

Arrivo a Canazei senza ulteriori problemi e mi precipito lungo la Statale per arrivare a Campitello in tempo per l’ultima corsa di giornata: la funivia parte alle 17:30 e salgo sulla cabina verso le 17:27.

Ultima salita, smetto di guardare il dislivello perché in ogni caso so che non potrò aumentarlo, dopo l’arrivo a Col Rodella.

Mi godo finalmente una discesa tranquilla, senza l’assillo del tempo, senza pensare più a quanti metri di salita ho fatto e quindi a quanti ne totalizzerò in discesa, stasera. Entro in paese e vado a cercare un lavaggio bici, per rendere la Bronson presentabile, visto che di fango ne ha raccolto parecchio.

La lavo e sulla ciclabile rientro al punto di partenza. Stasera, scaricata la traccia, avrò il definitivo riscontro: sarò arrivato a 10.000 metri di dislivello negativo?

Obiettivo raggiunto?

Sono sul divano: doccia fatta, MTB consegnata al meccanico per la sistemazione del cavo del deragliatore (domani mi tocca usare la bici da strada), un panino, un toast e un paio di Forst hanno risolto le mie esigenze alimentari di giornata, fra un po’ mi farò un caffè. Ancora mi brillano gli occhi per il giro fantastico: non importa la pioggia, non importano le cadute, non importa che sono arrivato infangato come un maiale, alla fine non importerà nemmeno se sono riuscito a raggiungere 10.000 metri; giornate così ci vorrebbero più spesso. Sono soddisfatto anche perché le mie braccia e le mie gambe hanno retto bene: un paio di anni fa avevo totalizzato, più o meno nello stesso modo, 6.500 metri di dislivello e avevo finito con le braccia distrutte. Prendo il Garmin e carico on line traccia: pochi minuti e avrò il risultato.

  • Km. Totali: 144
  • Km. In sella (al netto di impianti): 125
  • Impianti di risalita: 17
  • Tempo in movimento: 9 h. 10’
  • Dislivello: 9.882………. ritenta: sarai più fortunato!