Nel dibattito quotidiano del mondo amatoriale, che può essere riconducibile anche ad una delle cause del calo di partecipazione alle Granfondo, c’è sicuramente il tema dei percorsi e delle altimetrie sempre più estremizzate.

Chi ha incominciato da poco forse non lo sa, ma negli anni i chilometri, le altimetrie e i dislivelli delle Granfondo amatoriali sono progressivamente aumentate.

Agli inizi degli anni 2000, quando ancora non c’era nè Strava, nè i social, il dislivello di una gara veniva misurato solo sui dispositivi GPS da manubrio od orologio. Esistevano già i vari Garmin e similari. L’equazione perfetta di una Granfondo dell’epoca era di 40 km con 1.400 metri di dislivello, che rispecchiava gran parte degli eventi.
Da quella media si distinguevano poche altre manifestazioni come la Rampilonga, La via dei Saraceni o la Dolomiti Superbike.

Col passare degli anni sono nate prima le Marathon (chilometraggio oltre i 60 km) e via via le avventure estreme come la Hero Dolomites che ancora oggi registra il dislivello più alto di una Marathon regolamentare (90 km con 4.700 metri di dislivello dichiarati).

Questi eventi hanno fatto un po’ da volano anche alle Granfondo classiche. Sempre più organizzatori infatti negli anni, ingolositi dall’esplosione di queste manifestazioni sempre più lunghe ed estreme si sono voluti in qualche modo adattare.

Oggigiorno però, sembra che questa estremizzazione abbia portato un po’ ad un rigetto tra gli amatori. Un appassionato che fa 20-30 gare in un anno infatti, arriva a fine stagione letteralmente finito. Chi inizia ora invece, rischia di rimanere scioccato non trovando a tutti gli effetti più una gara “Facile”. Chi invece elemosina solo qualche ora di allenamento a settimana, probabilmente molla perché a stento riesce a portare a termine un campionato.

La domanda ora è se il mondo amatoriale delle organizzazioni, può tornare un po’ indietro rispetto a quella che è stata una tendenza all’aumento della difficoltà negli anni. Semplificare le altimetrie può veramente giovare al movimento e agli atleti? Un dislivello più “umano” può incentivare più persone? Tecnicamente sì, praticamente no.

Il motivo sta principalmente nel fatto che il livello atletico si è alzato a dismisura in questi 20 anni. Se prendete un ordine di arrivo del 2000, noterete che a parità di percorso le medie sono più lente. Oggi i primo assoluto su una Granfondo supera di poco le due ore. Del nostro bacino di eventi ne è un esempio Monte Cucco (45 km X 1.700 metri) dove Panariello, il vincitore, l’ha terminata in 2 ore e 14 minuti, oppure la più recente Straccabike dove il tracciato di 48 km è stato chiuso in 2 ore e 13 minuti da Chiarini Riccardo.
Questo vuol dire che se molte gare dovessero tornare a livelli più umani, probabilmente avremmo arrivi abbondantemente sotto le due ore, che per una Granfondo è un tempo assolutamente insufficiente.

Ecco perché ora è difficile tornare indietro. Il tornare indietro vorrebbe dire avere un rallentamento anche della foga amatoriale agonistica, dei mezzi e dei materiali usati. Cosa ovviamente molto improbabile. Una cosa però la possiamo fare: possiamo cercare di trasmettere appieno la nostra passione a chi ancora oggi non ce l’ha.

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